Terziario e interpretazioni giurisprudenziali
di Dario Fiori – consulente del lavoro e dottore commercialista
Attualmente non esiste nel nostro ordinamento giuridico un diritto generale per i dipendenti a
vedersi trasformato l’orario di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, neppure a favore della madre
lavoratrice.
Vi sono delle recenti novità approvate in via definitiva l’11 giugno 2015, contenute nello
schema di decreto legislativo di riordino delle tipologie contrattuali. Nel tempo, il vuoto legislativo è
stato colmato dall’intervento della contrattazione collettiva.
In particolare, l’ultima versione del Ccnl
Commercio prevede, all’art.90, l’istituto del part-time post maternità. Si tratta, del diritto riconosciuto al
lavoratore, di poter richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale
a condizione della sussistenza di alcuni requisiti numerici e di figure fungibili tra il personale.
Di seguito si procede a un’analisi dell’istituto, sia con riferimento alla normativa vigente e alle novità
in corso di approvazione, sia rispetto alla contrattazione collettiva, approfondendo il caso del Ccnl
Commercio, uno dei pochi ad aver disciplinato la materia.
L’attuale disciplina sulla trasformazione da
tempo pieno a tempo parziale
È sempre possibile, in generale, la trasformazione di
un rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale,
se vi è accordo tra lavoratore e datore di lavoro.
Anche la successiva trasformazione da part-time a
tempo pieno, ad esempio al cessare delle esigenze di
assistenza del figlio da parte del dipendente, necessita
di accordo tra le parti e il lavoratore non ha alcuna
garanzia che il datore di lavoro abbia interesse a
trasformare nuovamente il rapporto. Una soluzione
operativa per garantire al dipendente il ritorno alla
condizione originaria è quella di inserire una clausola
nell’accordo di trasformazione da tempo pieno a
tempo parziale, che limiti il periodo di lavoro parttime
a un certo numero di mesi, in funzione delle
prevedibili esigenze del lavoratore.
La legge non prevede un diritto soggettivo del lavoratore
alla riconversione del rapporto, ma solo un
diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto
a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni
o di quelle equivalenti alle mansioni oggetto
del rapporto di lavoro a tempo parziale (art.12-ter,
D.Lgs. n.61/00, introdotto dalla L. n.247/07).
Il lavoratore, quindi, non è garantito in modo assoluto
per eventuali ulteriori necessità di conversione
a tempo pieno che si manifestassero in un momento
successivo.
Nelle trasformazioni da tempo pieno a parziale, il
Legislatore è intervenuto con la L. n.247/07 (co.3,
art.12-bis, D.Lgs. n.61/00), introducendo un diritto
di priorità ai lavoratori che ne facciano richiesta, purché
ricadano nelle condizioni previste dalla legge.
In particolare, sono state previste due ipotesi nelle
quali viene riconosciuta al genitore la “priorità” nella
trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno
a tempo parziale:
1. il caso del genitore che abbia un figlio convivente
di età non superiore a 13 anni;
2. il caso di genitori con un figlio convivente portatore
di handicap, ai sensi dell’art.3, L. n.104/92.
Tale “priorità” sta a significare che il rapporto di lavoro
non viene automaticamente convertito in seguito
alla richiesta del lavoratore, ma la trasformazione
avviene solo nel caso in cui l’azienda voglia assumere
nuovi lavoratori part-time o convertire rapporti di
lavoro da tempo pieno a part-time.
In tali casi, i primi ad usufruire dell’orario part-time
devono essere coloro che, trovandosi in una delle situazioni
citate, ne abbiano fatto esplicita richiesta.
Analogamente a quanto visto in precedenza, il lavoratore
non ha alcun diritto alla riconversione del rapporto
da tempo parziale a tempo pieno.